Il vino è il prodotto del lavoro e della pazienza, al tempo stesso un dono della terra più generosa. In un sorso racconta la sensibilità che l’essere umano ha saputo acquisire in millenni di intenso e travagliato rapporto con le sue radici.
Ecco perché parlarne in un territorio ricco di storia e tradizioni come San Cipriano Picentino vuol dire affondare le radici in un racconto lungo millenni. L’Azienda Agricola Cerrella è situata in località Filetta a San Cipriano Picentino, un luogo incantevole tra natura incontaminata, colline lussureggianti ed antichi casali… è il luogo dove la storia ci racconta di antichissimi popoli tra tradizioni e poesia.
Infatti, il poeta Jacopo Sannazaro, che qui ha vissuto 20 anni volle esaltare questi luoghi nei suoi versi raccontando che “Vi è tra i monti una valle bellissima sulla quale sovrasta, ergendosi al cielo, la rupe Cerreta”.
Il Catasto della Terra di Filetta e Pezzano del 1754 (Archivio Storico Comunale) descrive la zona in cui nasce il vino Cerrella. L’antico agglomerato di Pezzano sul fianco del Monte Monna si è conservata quasi intatto con il caratteristico lavatoio pubblico e la piccola cappella dedicata a San Francesco d’Assisi. Al limite dell’antico abitato sorge la trecentesca chiesa di San Giovanni Battista dove per la tradizionale festa il 24 giugno si orna la statua del Santo con verdi grappoli d’uva quale apotropaico gesto auspicando un buon raccolto ed un buon Vino… una tradizione antichissima che si perde nei millenni della storia di questi luoghi.
Proseguendo per la Fontana Vecchia si arriva a Filetta, dove è ubicata l’Azienda Agricola Cerrella con i suoi vigneti ed il verde ed i profumi delle colline e del mare di Salerno. Il piccolo borgo sorge intorno la chiesa di Sant’Andrea e Margherita, con le sue architetture rurali e contadine e da interessanti residui delle antiche masserie. L’antica chiesa è descritta come già esistente nell’XI secolo, poi ricostruita nel corso del XVI secolo e nel 1736 fu visitata da una missione guidata da Alfonso Maria de Liguori. Il sagrato è caratterizzato dalla presenza di un lavatoio pubblico che una lapide del 1914 ricorda essere stato alimentato da un acquedotto pubblico.
Grandi uomini hanno amato questi luoghi dove hanno vissuto e si sono formati per regalare il loro genio ai posteri:
tra il 1473 ed il 1474, il giovane Jacopo Sannazaro, insieme a suo fratello Marco Antonio ed alla giovane madre Masella, visitarono i vasti possedimenti del nonno Baldassarre Santomango, da tempo uniti a formare la Baronia delle Terre di San Cipriano, Filetta e Pezzano. Fu l’occasione per un ‘viaggio in Arcadia’, la cui immagine resterà impressa nella mente del poeta sino alla morte.
Nell’estate del 1873 presso la Casa di Francesco Petroni, scampato alla sciagura familiare di Casamicciola, arriva Benedetto Croce, nipote di Donna Mariannina. In quella Casa, tra ricordi monarchici ed ardori liberali che accompagneranno anche i soggiorni di Silvio Spaventa (il quale vi custodiva un biliardo personale e per il quale venivano cucite camicie di lino), gli interessi del giovane storico si tramutarono nella trascrizione dei Canti d’amore e del rito dell’accoglienza nuziale, orecchiati sul largo di Palazzo (largo Petrone), sul sagrato della cappella dell’Immacolata o lungo il vicolo poi denominato Silvio Spaventa.
San Cipriano deve le sue origini alla distruzione dell’etrusca Picentia intorno all’anno 88 a.C. ad opera dei Romani, che provocò la dispersione dei suoi abitanti nei territori circostanti. I vari centri che si crearono divennero, nel corso del medio Evo, distretti amministrativi, detti gastaldati, prima di divenire, sotto il dominio normanno, contee e baronie.
Il nome del paese deriva da San Cecilio Cipriano, martire cartaginese, venerato nella zona per via dei continui rapporti che i mercanti del luogo avevano con i popoli del Nord Africa.
Il territorio dei Monti Picentini è cosparso di chiese, conventi, basiliche e cappelline votive, testimonianza concreta della fede e della devozione che da sempre anima la gente del luogo. Gran parte di questi edifici, pur essendo stati ristrutturati nel corso degli anni, conservano ancora oggi alcune caratteristiche originarie, come acquasantiere marmoree, tele d’altare e affreschi, gelosamente custodite dalla gente del posto.
Su una delle sommità si erge il Castello omonimo, presidio d’osservazione per l’accesso alla Valle del Picentino. Castrum romano sin dal III secolo a. C., tra l’XI ed il XII secolo venne dotato di mura perimetrali, aperte sul lato nord dall’antica porta di accesso.